Non
so dire cosa sento e che bilancio fare del convegno che si è svolto a Reggio
Emilia il 10 marzo scorso. Certo sono contenta, contenta, prima di
tutto, per la partecipazione di tanti studenti che si sono uniti agli adulti e
con loro hanno lavorato con entusiasmo e allegria.
Contenta perché ho incontrato tante persone che in una scuola per
tutti ci credono ancora e vorrebbero fare qualcosa.
Contenta perché c'era sintonia tra chi ha parlato.
Contenta perché si è parlato di tutti i bambini, di tutti i ragazzi
anche quelli che non sembrano avere problemi. Contenta perché era tutto
diverso dai soliti convegni e il fatto di essere seduti tra i relatori non ci
faceva sentire più importanti degli altri.
Portavamo
la nostra esperienza, quella che nasce sì dallo studio, dalla lettura
appassionata, ma soprattutto dallo stare "in mezzo" e non "di
fronte", dal desiderio di cercare e cercare ancora, perché,
lo sappiamo tutti, la meta è lontana. Dobbiamo coltivare un sogno, ma
non illusioni. Dobbiamo "guardare oltre", ma tenendo i piedi ben
saldi alla terra.
E, mentre ero lì, avevo un desiderio, che qualcuno si
alzasse e prendesse il mio posto, che altri si alzassero e prendessero il
nostro posto, che cioè tutti capissero che avevano qualcosa da dire anche loro
e senza la loro presenza, senza il loro contributo tutto sarebbe rimasto fermo
e nulla di quello detto quel giorno sarebbe diventato fertile.
Le
parole si perdono facilmente se non mettono radici, se non sono ben radicate
nell'azione del quotidiano, nelle piccole cose, nei piccoli gesti. Le
belle idee camminano e prendono forma se si concretizzano nella
relazione e non si arrendono di fronte all'insuccesso. Le situazioni prendono
vita se si prova e riprova e riprova ancora in continuo dialogo con chi è in
relazione con noi.
Anni
fa ho scritto il libro "Star bene a scuola si può?". Oltre a
raccontare la mia esperienza di insegnante e le riflessioni che mi
avevano suggerito i tanti scambi con ragazzi e ragazze della scuola media, ponevo
una domanda a tutti coloro che mi avrebbero letto. Oggi sono ancora più
convinta che si può, ma soltanto se ci si mette in ascolto, se ci si mette in
gioco, se facciamo delle nostre classi gruppi di individui che dialogano, che
magari entrano in conflitto, ma che sono disponibili a cercare anche un modo
per uscirne.
E
sono certa che abbiamo bisogno di "rallentare" che dobbiamo
restituire il tempo ai ragazzi perché possano tornare a contemplare
la vita, a riflettere, a stare bene con se stessi.
“Sono
sempre in corsa” mi ha detto un mio allievo, “non ho tempo di pensare” mi ha
detto un'altra, o addirittura “ho paura di pensare”.
La
difficoltà a parlarsi, nasce anche dalla difficoltà di parlare con noi stessi,
di intrattenerci con noi stessi: perché come mi ha detto un altro mio
allievo si ha “paura di stare soli con se stessi”.
Esco
così dal convegno, con questi pensieri. Bisogna tornare a parlare insieme, a
confrontarci senza sterili ed inutili gerarchie, perché tutti, ma
proprio tutti sono portatori di "saperi" importanti che meritano di
venire alla luce. Amo le piccole cose, i piccoli momenti che non sono meno
importanti dei grandi. Ascolto non non solo chi sa parlare bene, ma anche chi
fa fatica ad esprimersi, che stenta a dire quello che sa o che pensa o che
sente. So che nelle parole "balbettate", nella paura di
parlare di tanti si nascondono beni preziosi. So che un "bene comune"
nasce proprio da questo "mettere insieme", aspettare che altri si
raccontino, abbiano il coraggio di esprimersi.
E sono
d'accordo con Grazia Liprandi del gruppo Abele quando dice:
Convegno = con-venire...venire ognuno col proprio pensiero nato dalla esperienza personale che è diventata idea, a volte, spesso, anche dubbio.Con - venire è giungere in un luogo con la disponibilità di incontrare, ascoltare e contaminarsi. Dentro la testa, anzi nel cuore, si sa cosa può accadere: che il dubbio diventi chiarezza, o che l'idea di partenza possa diventare dubbio.. Ecco il bello del con - vegno: una centrifuga di esperienze che si raccontano e idee che si contagiano.Così è stato a Reggio, non solo nella sala del con-vegno ma nei corridoi, nelle aule interattive, ai tavoli dei libri, per le scale, pranzando insieme... ovunque sono sono state intessute piccole e grandi reti. E le reti restano all'indomani dell'incontro.Ed è bellissimo.
Sì,
Grazia è davvero bellissimo quando i cuori e le menti si mettono in moto e si
contaminano e contagiano. Adesso la scommessa è come continuare.La scommessa è
arrivare dove non siamo ancora arrivati. E' ascoltare quello che ancora non
abbiamo ascoltato. Forse è in questa direzione che dobbiamo muoversi
nel'immediato. Ci sono cose che si possono fare da subito, su altre bisogna
ragionare e riflettere e soprattutto per fare dobbiamo avere coscienza che non
è solo con le riforme dall'alto che la scuola può offrirsi come luogo "per
la vita".
Questo blog da sabato si propone di offrire altri spunti di riflessione a
partire da quanto è emerso o non ancora emerso nel convegno, è aprirsi a chi
non c'era e vuole dirci qualcosa, qualsiasi cosa.
La più profonda convinzione che ci portiamo dietro è che : La scuola ci
riguarda tutti e deve fondarsi sulla democrazia e essere per la democrazia. A
tutti noi il compito di tessere fili gli uni agli altri.
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