Di questi giorni di scarabocchi grandi e piccoli ne fisso
alcuni: sono immagini nate da una trama costruita nel confronto tra genitori
adottivi e affidatari, tra gente di scuola, tra cittadini dialoganti attraverso
le istituzioni, tra giovani e meno giovani appassionati dell’educazione e
dell’impegno civile che si interrogano sulla democrazia.
L’università come un formicaio: ognuno ha portato un po’ di sé, non solo
pensieri, idee, speranze… ha trasportato anche tessuti, disegni, tavoli,
cibo...allestimenti giunti da case e scuole, cose pesanti e leggere…
Tre scale. Una altissima, da cui Giovanni, 1.95, dispone, in equilibrio
precario, ingarbugliati giochi di luce: lo sostengono passanti
incuriositi e ragazze affascinate; una che porta verso l’alto, la si
percorre in salita e in discesa: è resa viva da parole colorate, le parole
della democrazia; un’altra ancora, segnata da pupazzi e palloncini, la
seguono genitori e bimbi per raggiungere il luogo dei giochi.
Grandi gli spazi da attraversare, tante le cose da vedere, tanti i volti
incontrati. Nell’atrio avanza Oneglia a braccetto di due anziani sorridenti.
“L’ho fatto per te” c’è scritto su ogni fiore donato all’accoglienza e porta la
firma dell’ospite di RETE che l’ha confezionato.
“La fragilità di vita inconclusa che appare dal volto può essere fonte di
grazia, può sorprendere e turbare la nostra irrigidita umanità”.” Essere uomini
è una cosa sempre nuova: non una mera ripetizione o un prolungamento del
passato, ma un’anticipazione di cose a venire. Essere uomini è una sorpresa,
non una conclusione scontata.”
“Ogni volto non è che un punto di partenza”. E ciò che è minimo può divenire
immenso e portare verso l’infinito: “oh, da viso a viso, quale elevazione/...”
I fattori si presentano fieri della loro storia, storie da vedere, su cui
riflettere, storie da gustare.
Cose buone da assaggiare che riempiono gli occhi e diffondono profumi
stuzzicanti, con grazia, camerieri in uniforme, giovani studenti, servono
compiti.
“Una trama sotterranea tiene unita la città, debole ma ricca di uomini, di
donne, di nuovi utopisti, che rendono ospitale il mondo con l’invenzione di
sapori che sono offerte di senso all’esistenza.”
“Che ogni fame non sia ignara del dolore del mondo. Che tutta l’umanità possa
dire: allora tutti i bambini/ che non hanno abbastanza pane/ gridano dentro di
me.”
E poi bimbi seduti composti ai tavoli che mangiano colorate verdure, occhi
brillanti di giochi fatti e da riprendere, Kevin mi corre incontro e mi
abbraccia.
“Accanto al talento per la vita, che consiste nell’inestinguibile sete di
vivere, è necessario porre in essere un altro talento, che è il dono dei
rapporti umani.”
Strane atmosfere in aule dove in silenzio si riflette, si ascolta il racconto
della vita, si prova la novità dello scrivere con la piuma d’oca e del lavoro
fatto a maglia con le mani... ricerca dell’essenziale.
“Ricordare, come scrivere, è creare ordine dall’amore;
è il battito nel cuore che giunge lontano e abbraccia il mondo.”
“Ogni giorno si ripete unicamente perché gli uomini ricordino ciò che è
dimenticato, ciò che è indispensabile, e invece la gente pensa che sia il tempo
che passa.”
“Per la mani passa l’universo, passa il ricordo di sguardi e parole.”
Aule dove i numeri sorridono e si confrontano reciprocamente, parole che
incoraggiano, video che testimoniano realtà accoglienti e poi i maestri,
maestri che in un batter d’occhio, creano attorno a sé cenacoli. Cesare,
maestro di strada, e Anna, maestra della scuola Waldorf, docent.
“Tu che porti eventi, permetti a tutte le creature di abitare il mondo.”
E le voci, i saluti, le domande di famiglie intere riunite in un giorno
di scuola, quante madri, sorelle, amici e amiche... E poi le figure
istituzionali, educatori, assistenti sociali, psicologi, maestri,
professori con i loro studenti, mescolanze di professioni e di età.
Alcuni dirigenti scolastici: il passato e il presente del Liceo “Matilde di
Canossa”, là dove la tradizione educativa non dovrebbe spegnersi mai e che
scandisce la giornata nel fare operoso della IV H.
Il personale dell’università guarda allibito la trasformazione della struttura:
in così poco tempo si può modificare così tanto?
E i ragazzi di “Perdiqua”, pochi tocchi,” tra pari”, la loro
presenza mi tranquillizza. .
Armonia tra i relatori che dissertano su lentezza, fragilità, essenzialità,
culture.
“E tu, lenta ginestra...” lenta, che significa tenera, flessibile,” è
l’aggettivo dell’umiltà, della disponibilità, dell’accoglienza dell’altro:
allentando ogni rigidità nei confronti delle altre creature, accettiamo di
deporre l’io dalle sue presunzioni di sovranità, di porre fine a quella ricerca
della felicità che ci rende l’uno contro l’altro feroci. Lenta è l’aggettivo
della fragilità che sa della morte ma non la teme e si apre a un inesauribile
donarsi; ci tiene liberi da una paura che ci fa malvagi, perché afferra con
l’ansia di possedere, di mettere le mani sullo spazio, sul tempo, sull’anima e
sulla vita.”
Lenta è anche l’aggettivo del raccoglimento interiore e della
contemplazione. La contemplazione è vita intensa dell’anima: per essa si vedono
in profondità le cose, per essa si è disposti ad accogliere il mondo dentro di
sé.
“Lenta è l’aggettivo della più intensa vita dell’anima che non ha prezzo, della
saggezza che scopre la sofferenza. Non c’è contemplazione senza amore.”“Essa è
il cuore che accoglie tutte le cose, è lo sguardo che si fa pensiero e crea
legami.”
“Possa la mia anima rifiorire innamorata per tutta l'esistenza”alimentata dalla
gratitudine
Le citazioni sono tratte liberamente da scritti di S. Caruso, S. Weil, P.
Boutang, A. J. Heschel, G. Sereny, E. Jabès, A. Platonov, M .Luzi, R. Steiner.
Ornella Thiebat
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